mercoledì 19 agosto 2009

Non è per bontà che il contadino dà dell’erba alla mucca! Anzi il giorno dopo, gli metterà un peso ancora più grande sulle spalle

Nella giornata odierna, l’Associazione Dhuumcatu, si è rivolta al Presidente della Repubblica e al Ministro del Lavoro in merito all’obbligo di bere acqua per i lavoratori agricoli di fede islamica della Provincia di Mantova durante il Ramadan.
Di seguito, il testo della missiva.




All’Onorevole Presidente della Repubblica
All’Onorevole Ministero del Lavoro
Oggetto: lavoratori Islamici

Onorevole Presidente, Onorevole Ministro,
L’Associazione Dhuumcatu, da anni impegnata nel campo dei diritti degli stranieri, Vi chiede un intervento urgente a tutela dei lavoratori islamici, oggetto di una recente campagna mediatica che riteniamo fortemente discriminatoria. Ci duole rilevare che quanto i media nazionali, tra i quali purtroppo anche il servizio pubblico radiotelevisivo, parlando degli stranieri affrontano il tema ricorrendo spesso ad un lessico xenofobo e razzista, ancor più accentuato nel caso in cui si parli di cittadini di religione islamica. Credo che abbiate avuto modo di leggere la recente polemica legata alla proposta dell' Associazioni degli agricoltori della Provincia di Mantova in merito all’obbligo per i lavoratori di bere acqua durante il mese del Ramadan, pena l’interruzione temporanea dell’attività lavorativa, sino a giungere al licenziamento in casa di recidiva. Alle "caritatevoli" associazioni datoriali, si sono accodati i solerti sindacati che sostengono tale misura in ragione della tutela della salute dei lavoratori, che potrebbe essere messa a rischio dalla calura estiva. Sappiamo bene, in realtà, che queste "attenzioni" non hanno come finalità quella di salvaguardare la salute dei lavoratori, al contrario, si configurano come l’ennesimo strumento di pressione dei datori sui lavoratori. In questo contesto, il lavoratore di fede islamica è due volte colpito: una volta per la falsa attenzione nei confronti del suo benessere psico-fisico, l’altra perché obbligato, con un’erronea interpretazione delle religione, a contravvenire ad un precetto. Onorevole Presidente, On. Ministro, siamo consci che durante la stagione della raccolta della frutta, i datori di lavoro non possono dare le ferie ai proprio dipendenti. La soluzione, però, è nella legislazione della Repubblica: un lavoratore può lavorare 40 ore settimanali, in caso si superino le 40 ore senza consenso del lavoratore, si deve parlare di sfruttamento e dunque di una violazione della legge vigente. Del resto, come recita la Costituzione, la Repubblica italiana è fondata sul lavoro. Se i cosiddetti "islamici" lavorano nei campi per 7 gironi alla settimana, l’orario di lavoro non può superare le 6 ore giornaliere, in caso in cui i giorni lavorativi siano 6, le ore giornaliere non arrivano a 7. I lavoratori dell’agricoltura, iniziano, di norma, l’attività alle 5 o alle 6 della mattina, la giornata di lavoro, a norma di legge, dovrebbe terminare alle 11.00 o alle 12.00 della mattina. Nulla a che vedere, dunque, con il Ramadan e l’obbligo di bere acqua durante il lavoro. La colpa di questi lavoratori, che per altro non sono stati minimamente interpellati per sapere ciò che pensano della proposta, è quella di essere di religione islamica, di chiamare il proprio Dio Allah: questo è il loro ignominioso fardello. Quando un qualsiasi cittadino pronuncia la frase "Dio è grande" "God is great" nella propria lingua, nulla accade; al contrario, quando un lavoratore islamico pronuncia in lingua araba la frase "Allah hu akbar", viene, immediatamente, tacciato di fondamentalismo ed fanatismo. Molte religioni, come la cattolica, il sanatan, meglio conosciuto come induismo, il buddismo, l’ebraismo, fanno ricorso durante le celebrazioni alla lingua delle scritture, in modo da mantenere intatta la purezza del Libro. Furibonde polemiche, invece, si scatenano ogni qualvolta che gli islamici vogliono officiare le proprie celebrazioni usando la lingua araba, sino a prefigurare l’obbligo di predicazione in lingua italiana. Qui c’è un nodo fondamentale, il rischio che il principio di laicità dello Stato, così come il principio di libertà religiosa vengano calpestati e cancellati. Non possiamo obbligare un hindu a non suonare il "ghonti" durante le proprie celebrazioni, e sostituirlo con il "tamburello", così come non possiamo obbligare gli hindu ad utilizzare magari il dialetto mantovano in luogo del sanscrito. Nei paesi dai quali molti di noi provengono, è assicurata alle comunità cattoliche, e alle altre confessioni, la piena libertà di culto. A nessun cittadino cristiano verrebbe negata la possibilità di cantar messa in latino o usare l’incenso durante la liturgia. On. Presidente, on. Ministro, ci rivolgiamo a voi per intervenire e scongiurare il rischio di ingiustificate pressione sui lavoratori islamici. Il problema non è certo quello dell’acqua, bensì la dignità e le condizioni dei lavoratori dell’agricoltura, sfruttati e costretti a turni massacranti dall’alba al tramonto. Vorrei concludere questa richiesta con un antico proverbio asiatico : "il contadino dà dell’erba alla mucca non per bontà, anzi il giorno dopo, gli metterà un peso ancora più grande sopra le spalle.". Non vorrei che nella nostra situazione, l’acqua stia al posto dell’erba, ed il lavoratore si trasformi in mucca. Vi auguro buon lavoro e allego alla presente un’altra vicenda in merito alla regolarizzazione dei lavoratori stranieri. Grazie infinite per la Vostra attenzione. Viva i lavoratori, Viva la laicità della Repubblica italiana.

Il DIO onnipotente, GOD, BHOGOBAN e ALLAH benedica Voi, i 25 milioni di lavoratori e i 60 milioni di cittadini.
Amen, Amin, Om Santi, Hore Krisna
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Al Rispettabile Prefetto di Roma
e p. c.
Al Presidente della Repubblica
Al Ministero degli Interni
Al Ministero del Lavoro
Oggetto: richiesta per un incontro con associazioni settore immigrati



L’associazione Dhuumcatu, sita a Roma in via Nino Bixio 12, tel: 0644361830, fax: 0644703448, e-mail: dhuumcatu@yahoo.it, sito: www.dhuumcatu.org, chiede urgentemente un appuntamento per una delegazione di 20 rappresentanti, di diversi nazionalità di immigrati per aver delucidazioni in merito alle procedure attuative dell’Art. 1/ter della Legge 3 agosto 2009, n. 102 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali".
Tale richiesta scaturisce dalle numerose segnalazioni che si sono pervenute in queste settimane sia dai datori di lavoro sia dai lavoratori. Alla luce dell’imminente apertura delle procedure per l’emersione dei lavoratori irregolari, vi chiediamo di poterci ricevere tra il 20 agosto ed il 25 agosto in modo da fornire tempestive risposte alle richieste pervenuteci.
In tal senso, vi anticipiamo alcuni quesiti oggetto dell’incontro. Partendo dal presupposto che la norma reca il titolo "Dichiarazione di attività di assistenza e di sostegno alle famiglie":





  1. La norma prevede che possano procedere all’emersione, lavoratori, italiani o cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero lavoratori extracomunitari che alla data del 30 giugno 2009 risultavano irregolarmente occupati per lavoro domestico o di assistenza. Sino a quale data è possibile risalire per computare i 3 mesi?



  2. Nel caso in cui per un lavoratore vi siano più di un datore, a quale datore spetta l’obbligo di versare i 500 euro previsti per l’avvio della procedura di emersione?



  3. Se un lavoratore riceve un compenso orario di 50 euro, in questo caso saranno sufficienti 12 ore mensili, o sarà obbligatorio un monte orario settimanale?



  4. L’impiego di una baby-sitter o di un autista è considerato lavoro al sostegno delle famiglie?



  5. Se un lavoratore svolge la propria attività a sostegno di un nucleo famigliare in attività al di fuori della mura domestiche può rientrare nella procedura d’emersione?



  6. Un precettore o un istitutore possono rientrare nella procedura d’emersione?



  7. Se un lavoratore che rientra nelle procedure d’emersione, lavorando il minimo sindacale presso una famiglia, ha il diritto di stipulare un ulteriore rapporto di lavoro in altri settori?



  8. Nel caso in cui il datore di lavoro, non voglia procedere alla richiesta d’emersione del lavoratore, quali strumenti avrà il lavoratore per tutelari i propri interessi?



  9. Nel caso in cui il datore voglia procedere all’emersione senza, tuttavia, farsi carico del versamento dei 500 euro, cosa deve fare il lavoratore?



  10. La nostra cooperativa di servizi gestisce tre centri nella città di Roma per il sostegno delle famiglie provenienti dal sud Asia. In particolare, si realizzano attività educative per minori finalizzati all’apprendimento della lingua, della storia, della religione dei paesi di provenienza. In tal senso, abbiamo 11 persone che intervengono come precettori familiari ricevendo un compenso pari al minino sindacale. Alla formazione del salario, partecipano le famiglie. Tali lavoratori possono rientrare nelle procedure d’emersione?



  11. Un maestro privato di danza classica o di musica del paese d’origine può essere considerato un lavoratore a sostegno della famiglia?



  12. Quali sono gli strumenti che il lavoratore ha per verificare che il datore possieda effettivamente il reddito previsto per poter accedere alle procedure d’emersione?



  13. Nel caso di lavoratori che consegnano a fronte di un contributo di 30 euro mensili per la consegna a domicilio di materiale informativo alle famiglie, possono procedere all’emersione? Chi deve essere il titolare della procedura?



  14. Nel caso di lavoratori impegnati in attività di culto sostenute con il contributo delle famiglie, tali lavoratori possono essere considerati di "sostegno alle famiglie". Chi dovrà procedere alla domanda?



  15. La cooperativa annovera 24 operatori per la mediazione familiare, è evidente che tali lavoratori operano a sostegno della famiglia, intervenendo nei momenti di crisi e di difficoltà di un nucleo famigliare. Può la cooperativa presentare domanda per la procedura d’emersione?



  16. In sostanza, se le attività di sostegno alla famiglia, vengono svolte attraverso la mediazione di realtà del terzo settore(coop. sociali, ONLUS, ecc.), chi dovrà farsi carico delle procedure d’emersione

Restando in attesa di un vostro cortese riscontro, vi inviamo distinti saluti.

Siddique Nure Alam

venerdì 7 agosto 2009

Bengalese morto per ictus e un altro in ospedale per un complimento galante


“Sei Bella e per questo il mio sguardo si ferma su di te, è questa la mia colpa ?”
Kazi Nazrul Islam, poeta bangladese


L’Associazione Dhuumcatu convoca urgentemente una riunione a Via Bixio 12 alle ore 18.00 per discutere dell’attuale situazione delle lavoratrici ed dei lavoratori immigrati. Vi informiamo, inoltre, che domani, 07-08-2008 a Piazza Vittorio alle ore 16.00, vi sarà l’ultimo saluto alla salma del sig. Khan Lutfor, Presidente fondatore dell’Associazione del Bangladesh, deceduto per cause naturali a Roma. Cogliamo quest’occasione per denunciare gli ultimi episodi di intolleranza e razzismo che, nell’ultime settimane, hanno colpito la comunità bangladese romana.
Alcuni fatti sono già noti: 10 giorni orsono al quartiere Prenestino, l’ultimo episodio è accaduto proprio ieri a Tor Bella Monaca. Il quotidiano la Repubblica ha liquidato i fatti come una banale lite per un apprezzamento galante ad una ragazza. Noi crediamo che l’ignobile aggressione ai danni di un giovane bangladese, non sia affatto da derubricare come un banale diverbio, al contrario si tratta di un atto di razzismo nei confronti di un immigrato. Un cortese e garbato complimento non può essere la causa scatenante di tanta ferocia. Il poeta bangladese Nazrul scriveva “Sei Bella e per questo il mio sguardo si ferma su di te, è questa la mia colpa ?”

Nell’ultimo periodo, la stampa italiana ha cercato di far passare le numerose aggressioni ai danni di cittadini stranieri come semplici diverbi. Troppo spesso abbiamo letto che queste “banali liti” sono dovute ad incomprensioni per il parcheggio, per il condominio o per un complimento. Noi, al contrario, crediamo che questa lunga serie di fatti di cronaca siano manifestazioni lampanti del clima di intolleranza e di xenofobia che serpeggia nel paese, spesso alimentato dalle forze politiche.

Accanto al razzismo quotidiano, c’è, purtroppo, da rilevare quello istituzionale.
Ci risulta - fonte è lo stesso portavoce dell’Associazione Dhuumcatu – che il VI Municipio si sia rifiutato di autenticare la firma di un cittadino immigrato proprio in virtù del suo essere straniero (firma poi autenticata nel III Municipio). Un comportamento discriminatorio ed inaccettabile per un’istituzione sul cui territorio risiedono, lavorano e studiano migliaia di cittadini stranieri.
La Polizia Municipale strappa e porta via materiali da un Internet Point, in assenza di verbale, perché si tratta di immigrati.
A ordinare questa azione è il Presidente del VI Municipio?
Il fatto è avvenuto circa una 20 giorni fa, intorno al 12 luglio del 2009, verso le diciotto. La Polizia Municipale fa irruzione nel locale di via Amedeo Cencelli 45, lo stesso che lo scorso anno era stato distrutto da aggressori razzisti. Un cittadino del Bangladesh sta sistemando diversi oggetti nel locale, quando gli agenti domandano: “Che ca....o stai facendo?”. “Ripulendo”, risponde l’uomo. “E il telefono funziona?”, chiedono ancora gli agenti. “Non c’è linea”, spiega l’uomo, perché la linea ancora non è stata attivata. Uno degli agenti entra in una cabina, verifica che la linea effettivamente ancora non c’è e chiede, sprezzante: “E allora perché questo negozio sta aperto?”. il ragazzo del Bangladesh, intimorito, risponde: “Signore, io sto solo sistemando il locale”, ma “Ca....o” è l’unica risposta che riceve dagli agenti. Intanto, un altro degli agenti si avvia verso l’uscita del negozio e vede le insegne sul muro interno del locale. Ne stacca una e la porta via, e ne strappa un’altra minacciando: “Se vi vedo ancora aperti, butto tutto, hai capito?”. Il ragazzo del Bangladesh è terrorizzato.
Ma di quali delitti si sono resi colpevoli, i cittadini del Bangladesh, in questo paese?
I gruppi razzisti li hanno presi di mira, nel VI municipio i vigili urbani fanno a pezzi i loro negozi nel silenzio (o col consenso?) dell’amministrazione, il I Municipio ha lasciato carta bianca agli agenti per malmenare i venditori ambulanti (soltanto negli ultimi mesi, nel centro storico sono state ricoverate più di dieci persone, per fratture e percosse, in seguito agli attacchi di alcuni Vigili Urbani del Primo Municipio, senza che per questo sia stata aperta alcuna indagine).
Dopo aver ricevuto numerose segnalazioni di attacchi razzisti nel locale di via Amedeo Cencelli, la nostra Cooperativa, La Dhuumcatu, è subentrata nella gestione del locale ed è intervenuta nella sua sistemazione, presentando tra l’altro richiesta alla Questura, per la licenza, ed al Ministero della Comunicazione per l’autorizzazione all’apertura, nel locale, di un Internet Point e di uno sportello legale rivolto ai cittadini del quartiere, sia immigrati che italiani.
I fatti del 12 luglio sono venuti a nostra conoscenza solamente il 18 luglio, quando l’amministratore della nostra Cooperativa, visionato il locale per accertare che la situazione tecnica ed i materiali ne consentissero finalmente l’apertura, si è reso conto che mancava l’insegna strappata dall’agente e ha chiesto spiegazioni al ragazzo del Bangladesh. Il ragazzo ha raccontato la sua storia, ha raccontato di essere stato insultato (“Neanche ho capito se mi dicevano stronzo o straniero”), ha raccontato che gli agenti, per ben due volte, gli si sono piantati a un paio di centimetri dal volto, faccia a faccia, con aria minacciosa.
L’Associazione Dhuumcatu risponde allora a questa sfida, a quanto sembra lanciata dal Presidente razzista del VI Municipio e dai suoi uomini: da oggi siamo presenti in questo locale, ventiquattro ore al giorno, e vi aspettiamo per rispondere alla vostra domanda e spiegarvi “che ca....o stiamo facendo qui”. La nostra è una sfida aperta all’atteggiamento razzista del VI Municipio, dei politici e dei Vigili Urbani, che già durante il Capodanno Bangla del 1416 hanno preso di mira la comunità del Bangladesh, contribuendo di fatto a preparare il terreno ad un raid durante i festeggiamenti di Villa Gordiani, e che adesso continuano ad attaccarci con le aggressioni dei Vigili.
Il ragazzo che ha subito l’aggressione dei Vigili, il 12 luglio, è in grado di riconoscere i colpevoli dei fatti. Per questo motivo, chiediamo a stampa e TV di diffondere questa notizia e di informare che in data 20 Agosto il call center di via Cencelli sarà inaugurato e che richiediamo il risarcimento dei danni economici subiti, le dimissioni del presidente del VI Municipio, qualora non decida di far luce sugli avvenimenti del 12 luglio, e le scuse pubbliche alla comunità del Bangladesh da parte del comandante Giuliano, che in più occasioni ha difeso l’operato dei Vigili Urbani, affermando (gennaio 2008) che “questi immigrati devono tornare nel loro paese”.
Per ulteriori informazioni:
Associazione Dhuumcatu
via Bixio 12
telefono: 06-44361830,
cellulare: 339 8127020
sito internet: www.dhuumcatu.org.